I.R.I.Fo.R.

Il principale problema dei non vedenti è quello della integrazione completa nel tessuto sociale, e tutti gli sforzi dell’Unione Italiana Ciechi si sono diretti per il raggiungimento di questo obiettivo.
Il primo sforzo è stato per l’integrazione scolastica, togliere cioè i giovani minorati della vista dalla emarginazione degli istituti speciali, per immetterli nelle scuole normali. I risultati, per la verità, non sono ancora ottimali, poiché gli intoppi burocratici rendono ancora troppo difficile la piena disponibilità dei supporti necessari: gli insegnanti di sostegno non sono nel numero necessario, l’assistenza domiciliare è carente, i libri in Braille vengono forniti spesso ad anno scolastico inoltrato, e la loro qualità non è delle migliori. Da sempre, poi, l’Unione si è battuta per il riscatto dei ciechi dalla assistenza, favorendo il loro inserimento nel tessuto produttivo. È un traguardo molto più difficile di quanto possa sembrare, poiché oltre ai problemi connessi con la difficoltà di movimento occorre fare i conti con la resistenza alla modificazione degli ambienti di lavoro, alla scarsa flessibilità della prassi produttiva, etc. L’Unione Italiana Ciechi ha ottenuto il collocamento al lavoro riservato per i centralinisti, per i massofisioterapisti e per i terapisti della riabilitazione (si veda la parte dedicata in questo catalogo alla legislazione per la cecità).
Tale collocamento riservato però, se pur ha riscattato i ciechi dalla inoccupazione, li ha costretti in nuovi recinti, per cui non è infrequente vedere laureati occupati nella attività di centralinisti telefonici; lo stesso Bocelli ha dichiarato che, quando gli ha arriso il successo, era rassegnato al lavoro di “commutatore” telefonico.
Attualmente la forza lavoro dei non vedenti è costituita per il 78% da centralinisti, il 13% massofisioterapisti e terapisti della riabilitazione e l’altro 9% è costituito da docenti, operatori informatici, liberi professionisti.
Di fronte a questa situazione di potenziale ghettizzazione lavorativa, l’Unione Italiana Ciechi ha creato l’Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione (I.Ri.Fo.R.), quale propria emanazione, chiamata ad operare, senza fini di lucro, nei settori cui si intitola.
Pur di recente costituzione, nell’anno 1991, l’Istituto ha subito ottenuto il riconoscimento quale Ente di Ricerca (alla cui anagrafe è iscritto con il codice 118913F5), svolgendo la prima fondamentale ricerca effettuata nel nostro Paese sugli aspetti statistico-medico-sociali della cecità (ricerca finanziata e riconosciuta dal Ministero della Sanità).
L’Istituto ha anche ottenuto il riconoscimento dell’Unione Europea, con l’inserimento nella rete degli Istituti di riabilitazione compresi nell’iniziativa comunitaria Helios.

I fini istituzionali

In base allo Statuto, l’I.Ri.Fo.R., in piena autonomia scientifica ed amministrativa, assolve ai seguenti compiti: - svolge studi e ricerche nei settori della formazione e dell’addestramento, approfondendo anche problematiche connesse all’inserimento nel tessuto produttivo dei minorati della vista e degli altri portatori di handicap;
- svolge studi e ricerche per l’individuazione di nuove opportunità lavorative e professionali, anche attraverso l’utilizzazione di nuove tecnologie, volte a facilitare l’accesso nel mondo del lavoro dei minorati;
- organizza e gestisce corsi di formazione, aggiornamento ed addestramento, nonché iniziative, dirette alla riabilitazione dei minorati, anche su incarico di enti pubblici o private istituzioni;
- concede borse di studio per la frequenza ai corsi di formazione, aggiornamento ed addestramento anche presso altre istituzioni o scuole;
- fornisce consulenza e presta servizi alle istituzioni pubbliche e private, nei settori di competenza;
- cura la pubblicazione dei risultati delle ricerche effettuate, nonché dei materiali didattici per lo svolgimento dei corsi di formazione.

L’organizzazione

L’Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione si articola in una struttura centrale, a livello nazionale ed in strutture territoriali, a livello regionale (attualmente in numero di 12) e provinciali (73 operanti nel territorio di tutte le regioni).

L’attività

Attraverso le proprie strutture, nazionali e territoriali, l'Istituto esplica un'intensa attività, resa anche possibile dall’intervento statale; essendo stata riconosciuta l’essenzialità e la validità del suo operato, l’I.Ri.Fo.R. beneficia infatti di un contributo statale (Legge 23.9.1993 n. 379).
Dati gli scopi dell’Istituto, oltre a quello di ricerca, l’attività è mirata in primo luogo alla riabilitazione, che si attiene soprattutto ad una attività formativa diretta all’autonomia dei minorati della vista, quale premessa necessaria per l’inserimento nel contesto sociale.
Ecco così i corsi di “autonomia personale”, mirati a familiarizzare il minorato della vista ad una autonomia di base nel movimento (non così approfondita e raffinata come nei corsi di Orientamento e Mobilità) nonché nella scrittura, sia in Braille che in nero, oltre che all’uso dei principali ausili personali.
È noto, infatti, che in altre nazioni esistono specifici corsi, e addirittura specifiche istituzioni, che mirano ad educare i minorati della vista all’uso dei sensi residui quali fonti alternative di informazione per una “visione” il più completa possibile.
In tali iniziative si procede anche a familiarizzare con gli strumenti di base utili allo scopo.
Può constatarsi infatti, ad esempio, che in altri paesi i ciechi fanno largo uso del bastone “lungo”, che consente di individuare con sufficiente anticipo spazio-temporale eventuali ostacoli ad un normale incedere. In Italia il bastone lungo è pressoché sconosciuto, e ciò va addebitato appunto alla mancanza di corsi di base: a tale mancanza va fatta risalire anche la sporadica e casuale utilizzazione, da parte dei ciechi e ipovedenti, di strumenti che possono da loro essere usati con sufficiente autonomia, previo adeguato addestramento quali la macchina dattilobraille, la macchina dattilografica normale, l’orologio tattile etc.
Questo è riscontrabile soprattutto nei casi di cecità sopravvenuta in età adulta, non avendo potuto il colpito compiere gli studi con l’assistenza di un insegnante di sostegno specializzato, ma anche in casi di cecità dalla nascita o dalla tenera infanzia.
Da quanto si è esposto appare evidente come, spesso, un corso di base si pone come propedeutico a qualunque azione specifica di riabilitazione, ed è esso stesso un intervento di riabilitazione come rimozione degli impedimenti all’uso di una funzione e al recupero dell’autonomia personale (secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità).
Si è detto che una delle basi dell’autonomia è la capacità di movimento, soprattutto quale presupposto di una piena integrazione sociale, ed una più agevole introduzione nella realtà del mondo del lavoro.
È infatti noto che la scarsa modificabilità delle diversificate realtà organizzative aziendali, unite alla scarsa autonomia degli handicappati costituisce uno dei maggiori impedimenti al loro inserimento nell’ambiente del lavoro, e comunque remore ad una attività lavorativa pienamente efficiente e produttiva.
Alla base dell’autonomia sta, ed è concetto di spontanea comprensione, la capacità di muoversi nella città attraverso la strada. Usare i mezzi pubblici fa parte delle quotidianità del vedente che non si rende conto che per tutte queste attività usa soprattutto informazioni visive: chi non vede, o ha una visione limitata, non può usufruire delle stesse informazioni.
La minorazione visiva pregiudica gravemente l’autonomia, la libertà di movimento e la capacità di natura psico-fisica che investono tutta la sua vita sociale e professionale, causando, nella maggior parte dei casi, una totale dipendenza dagli altri. Per compensare tali limitazioni occorrono interventi specifici di riabilitazione e di integrazione. Uno di questi interventi è il corso di Orientamento e Mobilità per non vedenti e ipovedenti. Con i corsi di Orientamento e Mobilità (O&M) si cerca di ampliare l’indipendenza e l’autonomia del minorato della vista, di migliorare la sua disposizione, capacità e abilità a muoversi da solo con sicurezza e naturalezza nell’ambiente sconosciuto. Questo scopo insperato può essere raggiunto dopo un corso individuale, molto impegnativo, che varia dalle 60 alle 80 ore. Durante il corso il cieco impara a “vedere” e scoprire il mondo con i suoi “occhi”, usando l’udito e il tatto come fonti alternative di informazione. Uno degli strumenti più importanti è il bastone lungo. Oscillando davanti al corpo dell’utente, il bastone lungo lo protegge da collisioni dolorose e da oggetti pericolosi, poiché si trova sempre un passo prima di lui. Anche le temute differenze di livello, per esempio le scale, i buchi e i gradini dei marciapiedi vengono indicati dal bastone lungo. Il bastone lungo, certo se correttamente usato, permette un movimento più sicuro e più rilassato. Con la capacità di movimento però sopraggiungono i problemi più gravi: i problemi dell’orientamento.
L’uomo, purtroppo, non ha innato il senso di orientamento, cioè la capacità di orientarsi è un prodotto dell’educazione e dell’esperienza. La parte più importante del corso è l’educazione dei sensi residui, soprattutto dell’udito. Attraverso diversi esercizi per l’udito il non vedente impara ad usare il suono ed i vari principi del suono per il proprio orientamento. Così, con un po' di allenamento, può sentire ostacoli quali, per esempio, un muro, un auto parcheggiata, un albero o un palo, può capire la direzione del marciapiede, può distinguere le forme degli incroci e può anche attraversare incroci con semaforo, basandosi sul rumore del traffico.
Muoversi tra la gente e nel traffico rumoroso senza vedere o vedendo pochissimo può causare problemi psicologici profondi. Durante il corso l’allievo impara a valutare giustamente le proprie capacità ed i propri limiti, diminuisce la sua paura, ed è in grado di prendere decisioni che garantiscano la sua sicurezza e quella altrui.
Altro requisito essenziale per la piena integrazione sociale dei minorati della vista è la capacità di accesso alla informazione ed alla lettura di testi e questo spiega anche il massiccio intervento dell’I.Ri.Fo.R. nel settore della Alfabetizzazione Informatica, da porre in relazione alle possibilità che le sempre più raffinate tecnologie informatiche aprono agli handicappati, ed ai minorati della vista in particolare. Ricerche da più parti recentemente effettuate hanno dimostrato, infatti, la grande potenzialità di iniziative dirette all’inserimento professionale dei ciechi ed ipovedenti in quei settori (in particolare del secondario e del terziario anche avanzato) in cui l’informatica va assumendo un ruolo sempre più dominante con continua evoluzione dinamica delle aeree di professionalità.
Le attività di formazione, rivolte a soggetti con handicap visivo, debbono avere perciò presente il quadro tecnologico esistente, tenendo conto della ricordata scarsa modificabilità delle diversificate realtà organizzative aziendali (che costituisce un non lieve impedimento all’inserimento dei disabili), e alla conseguente esigenza dell’obiettivo della massima possibile autonomia degli handicappati nell’ambiente di lavoro, quale presupposto di una attività lavorativa efficiente e produttiva.
Ciò comporta la formulazione di progetti formativi ad alto contenuto di specificità rispetto alle attività formative dei normodotati, nonchè di personalizzazione, tenuto conto della presenza di singole attitudini professionali nei soggetti con handicap visivo.
In tale quadro appare essenziale, per una sempre maggiore integrazione sociale dei minorati della vista, una incisiva azione di alfabetizzazione informatica, per i possibili sbocchi professionali, ma anche per l’ampliamento della sfera di autonomia personale.
Sempre più numerose, infatti, sono le applicazioni informatiche in cui i minorati della vista hanno potenzialità pressochè pari a quelle dei normodotati; tali applicazioni riguardano anche la sfera personale, dello studio, della cultura e dell’informazione. Infatti, a differenza di altre tipologie di handicap, quello sensoriale visivo è suscettibile di essere quasi interamente rimosso come ostacolo nel campo della lettura e della scrittura, qualora si disponga di strumenti in grado di consentire completa autonomia, e cioè un computer dotato di periferica dispaly braille e/o di sintetizzatore di voce, ed eventualmente di stampante braille.
Si realizza così il concetto della riabilitazione quale definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, cioè rimozione degli impedimenti a svolgere determinate funzioni.
Accanto a queste iniziative riabilitative di base l’I.Ri.Fo.R. svolge corsi di formazione, aggiornamento e perfezionamento per minorati della vista che intendono impegnarsi o sono già impegnati nel mondo del lavoro, nè mancano i corsi diretti all’aggiornamento di normodotati che operano a supporto dei non vedenti.
Iniziative sono anche rivolte a “formare” le famiglie dei minorati visivi, per un corretto atteggiamento nei loro confronti (nulla è più dannoso dell’iperprotezione).
Cura particolare l’Istituto dedica anche alle esigenze dei minorati visivi con aggiunta di altre minorazioni: in particolare è stata avviata una attività di riabilitazione finalizzata al recupero dell’autonomia personale di giovani plurihandicappati. Per necessità ci si deve limitare a questi cenni essenziali: non senza, però, aver fatto un cenno a corsi di formazione innovativa rivolta a non vedenti: corso di giornalismo per minorati della vista (il primo, a quel che si sa, in Europa e forse nel mondo); un corso di formazione integrata (normodotati e minorati visivi) per operatori su banche dati informatiche; corsi per operatori su banche dati nei servizi bancari e nel servizio sanitario, etc. Da ultimo si devono anche ricordare le iniziative per la formazione di operatori nel settore della minorazione visiva: nel settore dell’ipovisione, nelle discipline tiflologiche, nel campo della riabilitazione globale.
Insomma il pur giovane I.Ri.Fo.R. rappresenta una concreta realtà al servizio della minorazione visiva, ed un punto di riferimento per ogni attività connessa.